Incastonato tra il lago di Castreccioni ed il Monte San Vicino, Apiro gode di un magnifico panorama; il lago è infatti un grande invaso artificiale divenuto con gli anni un’ importante meta turistica ed il Monte San Vicino, inconfondibile punto di riferimento dell’Appennino Centrale che da sempre è parte integrante dello skyline di Apiro.

Il suo territorio, tipicamente collinare, spazia tra le valli dell’Esino e del Musone, chiuso dalla catena dei monti Sibillini e dalle altre colline del cingolano. Il suo centro storico, ricco di opere d’arte, è fortificato da mura castellane, mentre il comprensorio è di rilevante interesse ambientale.

La storia

Già abitato al tempo dei piceni e poi dei romani, Apiro fece parte del ducato longobardo di Spoleto. Nel 1227 si diede statuti comunali e fu capoluogo della giurisdizione di Valle di San Clemente, organismo indipendente che raccoglieva alcuni castelli della zona. In seguito passò sotto il dominio di Jesi e, dopo la breve dominazione di Francesco Sforza (1433-34), sotto la giurisdizione pontificia fino all’Unità d’Italia.

Nel corso degli anni, si è avuto modo di credere che oltre all’attuale castello di Apiro, ne esistesse anche un altro ubicato in altro luogo; si è ipotizzato che il primo insediamento fosse avvenuto sui Piani, un rilievo montuoso di circa 900 m s.l.m. poco distante dall’attuale centro, precisamente nei pressi della Chiesa di San Nicolò. Questo centro venne, molto probabilmente, distrutto poi dai Goti e dai Longobardi come tante altre città Picene; gli scampati si spostarono nell’attuale collina dove risiede oggi Apiro, dando vita ad un nuovo insediamento che estese la sua giurisdizione su un vasto territorio e castelli vicini, identificandosi con l’appellativo di “Abitanti della valle di san Clemente” che va dal Monte San Vicino fino a Castelsanpietro. Anche sui Piani venne ricostituito un nuovo castello chiamato “Pyre” che entrò chiaramente in combutta con il nuovo più in basso e fu così che nel 1227 in seguito ad una battaglia, il vecchio castello fu definitivamente distrutto e gli abitanti del nuovo, da quel momento iniziarono a chiamarsi “Pirani” in onore alla vittoria riportata.

In realtà esiste anche un’altra ipotesi sull’origine del nome di Apiro e cioè che derivi da un albero di pero infatti lo stemma del Comune di Apiro è proprio un albero di pero: “con le radici nel suo ceppo e nei lati del tronco una P ed una I che vogliono dire Pirum”.

La storia ci dice che in seguito passò sotto il dominio di Jesi e, dopo la breve dominazione di Francesco Sforza (1433-34), venne annesso alla giurisdizione pontificia fino all’Unità d’Italia del 1861.

Il territorio

Apiro sorge ai piedi del Monte San Vicino (1479 m s.l.m.), è ubicato sulla cima di una collina a quota 516 m s.l.m. a confine tra la provincia di Macerata e quella di Ancona e conta 2497 abitanti. Il suo territorio si estende per circa 54 kmq e confina con i comuni di Cupramontana, Cingoli, San Severino marche, Matelica, Poggio San Vicino e Serra San Quirico. Nonostante il suo apparente decentramento, la città è ben collegata da strade e servizi pubblici, con i grossi centri più vicini della regione: Jesi a 25 Km, Fabriano e Macerata a 42 Km e a 54 Km Ancona, capoluogo della regione e a soli 38 km dall’Aeroporto “Raffaello Sanzio” di Ancona. L’area del Comune di Apiro è decisamente rurale e vanta una vocazione particolare per la produzione di prodotti agricoli di elevata qualità, quali vino Verdicchio ed Olio extra Vergine di Oliva.

Apiro e i suoi tesori.

Apiro è un piccolo borgo che vanta una posizione speciale: si trova alle pendici del Monte San Vicino e a pochi chilometri dal Lago di Castreccioni, il lago artificiale più grande del Centro Italia. Sarà per questo che nei secoli passati ha visto il proliferare di numerose famiglie facoltose e di un clero piuttosto potente che ha lasciato diversi e inaspettati tesori.

Il borgo di Apiro è piccolino e contenuto, la nostra passeggiata inizia da piazza Baldini dove troverete la Collegiata di Sant’Urbano e di fianco il grazioso edificio che ospita il palazzo Comunale.

La Collegiata di Sant’Urbano

Apiro è un piccolo borgo che vanta una posizione speciale: si trova alle pendici del Monte San Vicino e a pochi chilometri dal Lago di Castreccioni, il lago artificiale più grande del Centro Italia. Sarà per questo che nei secoli passati ha visto il proliferare di numerose famiglie facoltose e di un clero piuttosto potente che ha lasciato diversi e inaspettati tesori.

Il borgo di Apiro è piccolino e contenuto, la nostra passeggiata inizia da piazza Baldini dove troverete la Collegiata di Sant’Urbano e di fianco il grazioso edificio che ospita il palazzo Comunale.

La Collegiata di Sant’Urbano dalla sobria facciata in mattoni ha un interno dove predomina il bianco che in occasioni speciali lascia spazio al rosso dei preziosi tessuti broccati custoditi gelosamente dalla chiesa.

Sant’Urbano custodisce altri preziosi tesori: l’organo Callido del 1771 perfettamente funzionante e l’adiacente cappellone e un tesoro. Ma è la Sagrestia a custodire il vero tesoro: calici, reliquari, busti in argento e tre preziose tele tra cui il San Giovanni Battista nel deserto di Valentin de Boulogne (1594-1632). Imperdibile.

Il Museo può essere visitato ogni giorno dalle 9,00 alle 12,00 escluso festività ed il sabato dalle ore 10,30 alle ore 12,30 a titolo gratuito o offerta libera.

Il Palazzo Comunale

Sempre su piazza Baldini, di fianco la collegiata si erge il Palazzo Comunale al suo interno la sala consiliare ospita un trittico di Allegretto Nuzi del 1336.

Il Teatro Mestica

Anche Apiro ha il suo bel teatro storico, lo trovate uscendo da piazza Baldini girando alla destra del Palazzo Comunale. Prima di arrivare al teatro soffermatevi sul magnifico (e qui davvero l’aggettivo ci sta tutto) portale della chiesa di San Francesco.

La chicca del teatro Mastica è il soffitto, a differenza della maggior parte dei teatri non ha il lampadario: il soffitto si doveva infatti aprire per far scendere i coriandoli durante le feste!

Apiro è anche panorama e la vista migliore la trovate prendendo il vicoletto di fronte il teatro: il monte San Vicino vi apparirà in tutto il suo splendore.

Apiro è anche panorama e la vista migliore la trovate prendendo il vicoletto di fronte il teatro: il monte San Vicino vi apparirà in tutto il suo splendore.

Già che ci siete fate un giro per i suoi vicoletti e date uno sguardo anche alle belle mura medioevali.

I personaggi illustri

TEODORO PELLEONI

Nato in Apiro nel 1574 e di nobili origini, Pelleoni fu filosofo, teologo, scrittore e poeta. Entrò giovanissimo nel convento francescano di Apiro e conseguita la laura magistrale, fu nominato “Baccelliere” del convento diventando con gli anni, un abile e prezioso predicatore. Morì nel 1636 con la fama di illustre teologo. Il comune di Apiro gli ha intitolato una via.

GIAN GIACOMO BALDINI

Nato in Apiro nel 1581, di umili origini, fin da piccolo dimostrò la sua forte attitudine allo studio tantoché fu mandato a studiare a Roma grazie al filantropo Ottavio Barzi e a soli ventidue anni, conseguì a pieni voti la laura in Filosofia e Medicina.

Fu medico in Apiro dal 1605 al 1612 ed ottenne strepitosi successi grazie all’utilizzo di nuove metodologie di cura; egli non fu solamente medico dei papi e delle corti nobili ma esercitò la professione anche in degli ospedali di Roma. Utilizzo la sua enorme fortuna realizzata, finanziando opere di beneficenza e sostenne addirittura le spese per la realizzazione della Collegiata si Sant’Urbano, volendo che rispecchiasse la Basilica di San Giovanni in Laterano.

Il comune di Apiro, oltre alla lapide sulla sua casa natale, gli ha dedicato anche la Piazza principale; all’interno della Collegiata vi è proprio sopra l’entrata, una lapide in suo onore mentre in sacrestia si trova l’affresco che lo ritrae insieme a Urbano VIII.

OTTAVIO TURCHI

Nato in Apiro nel 1694, intraprese gli studi ecclesiastici fin da giovanissimo tantoché poi, non ancora diciottenne, fu nominato “canonico beneficiato” della Collegiata di Sant’Urbano. Turchi fu illustre storico e meticoloso annotatore. Scrisse il “Camerinum Sacrum”, una raccolta ampia e sicura di notizie dell’Arcidiocesi di Camerino e fu autore di un’opera sulla vita di S. Domenico Loricato. Morì nel 1769. A lui la città di Apiro ha dedicato una piazza.

FILIPPO MARIOTTI

Nato nel 1833 da una famiglia poverissima, compì i primi studi in Apiro ma appena capirono che era dotato di una intelligenza particolare, fu mandato a Camerino e qui fu notato addirittura dal Conte Fusconi di Camerino che lo ospitò per molti anni a casa sua, dandogli la possibilità di laurearsi in legge.
Militò nella politica e fu amico di uomini insigni come Capponi e Ricasoli, seguaci della politica del Cavour. Uomo di cultura, curò la traduzione di autori greci e latini (Demostene, Omero, Virgilio). Fu segretario nel dicastero della Pubblica Istruzione nel 1887. Si interessò dei molti problemi delle opere leopardiane, sorti all’indomani della scomparsa del grande poeta. Si deve a lui se preziosi manoscritti furono tolti al segreto cui li aveva relegati il testamento di Antonio Ranieri, amico del poeta. Per suo interessamento, nel 1898 cominciò a essere pubblicato lo Zibaldone con il titolo Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura. Occupò varie cariche politiche e divenne Senatore. Per suo diretto intervento fu costruita la strada che da Apiro raggiunge la stazione di Castelplanio.

Il paese ha onorato la sua figura con un busto e una lapide posti sulla facciata del Palazzo Comunale.

FRANCESCO MESTICA

Nato in Apiro nel 1809, fu maestro di Filosofia e Letteratura Italiana e Latina oltre che fervente patriota, uomo di ingegno acuto e cultore di “Humanae litterae”; fu proscritto e perseguitato dalla polizia austriaca per le sue idee liberali e questo lo costrinse a vivere gli ultimi anni della sua vita, rifugiandosi in paesi diversi per nascondersi. Di lui restano innumerevoli saggi letterari e filosofici e apprezzate traduzioni di classici latini. Apiro gli ha intitolato una via e ha posto in suo onore nella sala consiliare una lapide a perenne memoria.

GIOVANNI MESTICA

Nato in Apiro nel 1831, frequentò il liceo a Pesaro dove il fratello Francesco insegnava eloquenza; conseguita la laurea nel 1852, iniziò subito la sua carriera da insegnante fino a quando fu chiamato a Roma e divenne docente alla Sapienza, dove insegnò fino al 1890, anno in cui fu eletto deputato del parlamento. Istituì insieme al compaesano Filippo Mariotti, la “Società Marchigiana di Storia Patria”

Fu studioso del Manzoni e apprezzato traduttore delle opere di Demostene e di Cicerone. Curò saggi di storia e critica letteraria, specialmente di testi leopardiani, che il critico Francesco Flora cita spesso nella sua “Storia della letteratura italiana”. Operò molto nelle Marche a favore della scuola di ogni ordine e grado e ottenne il pareggiamento dell’Università di Macerata. I due fratelli Mestica donarono al comune di Apiro le loro Biblioteche che costituiscono un patrimonio culturale di inestimabile valore per le ampie collane di testi del XVIII e XIX secolo.

Nel 1907 Apiro in suo onore eresse un busto e lapide in piazza Baldini, opera dello scultore Inghilleri.

ENRICO MESTICA

Nato a Tolentino nel 1856 e figlio di Francesco, Enrico conseguì la laurea di lettere e filosofia a soli 20 anni e a soli 23 anni fu docente e preside a Todi.

Negli ultimi anni della sua vita si ritirò in questa cittadina che apprezzava soprattutto per la cordialità dei suoi abitanti e per la pace dei suoi siti. Qui stese il “Dizionario della lingua italiana”, opera di grande valore scientifico, letterario e culturale, lavoro di “grande amore e di gran tempo”. A questa opera dedicò oltre vent’anni di fervido lavoro annotando parole, antichi detti e proverbi, insieme a neologismi, etimologie e voci tecniche. Scrisse anche saggi letterari e opere critiche sulla Divina Commedia, su Omero e Virgilio e sui più grandi umanisti e romantici della nostra letteratura, Ariosto, Tasso, Parini, Foscolo e Leopardi.

Sulla facciata della sua abitazione, il Comune di Apiro ha fatto porre una lapide a ricordo.

ANTONIO FOSSA

Antonio Fossa visse in Apiro e sposò, in prime nozze, la nobil donna Carolina Anderlini di Pesaro nel 1842 dalla quale non ebbe figli. In seconde nozze sposò Marianna Coloccini dalla quale ebbe due figlie, Bianca e Itala. Fu uomo di grandi doti morali e fervente patriota durante il periodo risorgimentale, come è scritto in una lapide posta nel palazzo Fossa di Apiro, “fu designato dalla stessa polizia pontificia -liberale ma galantuomo – ” Ebbe molti riconoscimenti e cariche civili e pubbliche. Il 16 febbraio del 1948 venne nominato Capitano della Compagnia di Apiro, il 17 luglio dello stesso anno venne nominato Maggiore del Battaglione del circondario di Cingoli. E’ certo che, quando Pio IX mandò le sue truppe in aiuto all’esercito piemontese, Antonio Fossa partecipò alla spedizione. Ma egli non tornò in Apiro quando Pio IX ritirò le sue truppe, ma solo ad armistizio concluso. Fu nominato membro della commissione municipale di Apiro nel 1849, consigliere comunale nel 1860, Capitano della guardia regia comunale. Consigliere provinciale di Macerata per il mandamento di Cingoli. Fu inoltre eletto sindaco di Apiro per più legislature. Morì in Apiro il 25 marzo del 1887.

Antonio Fossa fu podestà di Jesi nel periodo della caduta di Napoleone fino alla restaurazione pontificia 1814-1816 circa, periodo particolarmente gravoso per la città di Jesi che subì il passaggio e le conseguenti depredazioni sia delle truppe francesi che di quelle austriache ed ungheresi; lo stesso generale Murat si accampò a Jesi. Fu anche canonico della Cattedrale di Jesi dal 1815 fino alla morte, per un periodo ne fu anche camerlengo. Fu membro, tra l’altro, della Società di Agricoltura jesina e tra i fondatori della Cassa di Risparmio di Jesi.

Come Arrivarci

In auto

Da Ancona e da Roma:

SS 76 Uscita Apiro – Mergo seguire la segnaletica per Apiro

Da Macerata:

Direzione Cingoli – Apiro